PUMA ITALIA: INTERVISTA A PAOLO LA PLACA


       Intervista a Paolo La Placa, Marketing Manager Performance Puma Italia

 

1)    Puma e lo sport . Qual è il loro rapporto?
PUMA e lo sport sono imprescindibili. Lo sport costituisce il DNA dell’azienda, dal 1948, anno della sua fondazione.  PUMA è sempre stata una realtà operante nel mondo dello sport, con un’offerta ed una destinazione quasi esclusivamente tecnica sino alla fine degli anni ’90, quando con il rilancio dell’azienda è subentrata la componente  lifestyle. Ancora  oggi, che la parte lifestyle  pesa per più del 70% sui ricavi complessivi, la componente sportiva è fondamentale per la nostra brand equity. Ci dà credibilità in tutto quello che facciamo e in parte ci tutela dalle oscillazioni della moda, inoltre permette a tutte le categorie del brand di beneficiare, direttamente o indirettamente, dell’”aloe” positivo generato dalle nostre celebri sponsorizzazioni.

 

2) Voi siete grandi protagonisti del mondo sportivo e delle sponsorizzazioni. Cosa vi ha portato ad avvalervi di un’agenzia come Master Group Sport?
In generale lo sport e in particolare il calcio vive in un mondo “chiuso”, non tanto per snobbismo ma per una questione di fiducia. In questo contesto la scelta di un’agenzia come Master Group Sport è strategica perché permette all’azienda di vedersi aprire molte porte, facilitare il lavoro, ottimizzare il progetto, massimizzando l’investimento.  Quindi Master Group Sport  non solo per la preparazione e la competenza, non solo per la profonda conoscenza di questo mondo ma anche perché da questo mondo è molto ben conosciuta e a volte questo può far diventare ciò che si prospetta come un “incubo” un progetto di successo.

 

3)    Puma è sponsor tecnico di numerosi campioni di livello internazionale ma da circa due stagioni svolgete attività di mkt territoriale con le scuole calcio ed i settori giovanili. A cosa è dovuta questa scelta?
Da un punto di vista strettamente marketing, ciò è legato all’adozione di una strategia equilibrata tra le diverse leve del mix. Le diverse leve infatti, media, sports marketing, retail marketing, trade marketing e consumer events,  hanno diversi ruoli e costi  e chiaramente un impatto differente. Sono comunque tutte importanti perché il consumatore target rientra in più cluster, toccati in modo diverso dai vari modi di comunicare, così come la decisione d’acquisto è il risultato di diverse influenze.  In sostanza è necessario sia un approccio “top down” aspirazionale (sponsorizzazioni, media) che un approccio “bottom up” (eventi, clinics, grassroots e tutte le attività sul territorio). Gli eventi con le scuole calcio sono un ottimo esempio di azione BTL/”bottom up” sul territorio. Sono attività perfettamente in linea con il nostro brand e molto efficaci nel veicolare il messaggio. Questo perché permettono di lavorare su un target molto specifico, perché la comunicazione e l’esposizione al messaggio è molto diretta (dialoghiamo con ciascun ragazzo) e perché l’associazione con gli elementi positivi del brand è direttamente vissuta / sperimentata. Certo la sponsorizzazione ha un costo per contatto più basso, così come il media, ma la qualità del “contatto” è infinitamente maggiore. Poi c’è un discorso di affinità con il brand e modo di comunicare, gli eventi con i giovani sono la linfa per un’azienda che comunica nel mondo dello sport.


4)    Che ruolo ha la sponsorizzazione per Puma?
Restando nell’ambito “sportivo”, le sponsorizzazioni sono l’anima della strategia di  brand, sono la prova e testimonianza che PUMA è un’azienda sportiva, cosa che di per sé nemmeno uno spot TV milionario sarebbe in grado di fare. E’ il discorso della credibilità e autenticità del brand. Questa è la ragione per cui, per fare un esempio, ci sono dei colossi che da anni cercano invano di entrare in sport di nicchia come lo snowboard o il surf e non ci riescono, nonostante i budget a disposizione,  invece poche aziende di nicchia restano ben ancorate alla loro quota di mercato perché sono autentiche, grazie al fatto di esserci veramente in quello sport, attraverso il prodotto e le sponsorizzazioni.


5)    Quali sono le politiche di sponsorizzazione adottate dall’azienda?
Innanzitutto esiste una strategia di “portfolio” globale che definisce i “pesi” e quindi gli investimenti in sports marketing tra le diverse categorie (football, running, golf, rugby, motorsport…). La cosa è abbastanza complessa, non esiste un algoritmo valevole per tutte le circostanze;  vengono infatti considerati diversi elementi, tra cui la strategicità di quella categoria per il brand,  la strategicità della sponsorizzazione per quella categoria, l’impatto che la sponsorizzazione ha direttamente sulle vendite per quella categoria e molti altri fattori. Per esempio ci sono categorie di prodotto che vendono indipendentemente dal fatto di sponsorizzare quella specifica disciplina, come il motorsport. Viceversa ci sono categorie, come il football, dove il testimonial è fondamentale.  Poi ci sono considerazioni sulla presenza o meno in quell’anno di un evento importante (olimpiadi o mondiali) e  considerazioni riguardo l’importanza di uno sport per quel paese (es. cricket per UK o golf per USA). In generale possiamo dire che vi è innanzitutto l’individuazione delle categorie sulle quali l’azienda ritiene sia strategico investire e qui possiamo dire che l’azienda abbia deciso di focalizzare su Football e Running.  All’interno della categoria ci sono poi delle logiche specifiche. Sarebbe lungo spiegarle tutte. Parlando solo del Football per esempio, esistono principalmente 2 tipi di sponsorizzazioni: teams e players. Ognuna con un suo ruolo ed un suo specifico ritorno. In generale comunque, sia che si tratti di team  che di atleti, l’obiettivo della sponsorizzazione può essere duplice: di semplice visibilità o di brand. Nel primo caso si genera “awareness” nel secondo caso si eleva la percezione del brand. La scelta quindi potrebbe essere tanti team/giocatori mediocri  vs. 1/2 team/giocatori super. La scelta del mix è chiaramente influenzata dal budget disponibile. A differenza dei giocatori però con i team c’è da considerare la componente di “merchandising” diretto che di fatto rappresenta un business sicuro, la componente “aloe effect” generata sulle vendite del brand nel territorio circostante e la componente relativa al ritorno di visibilità “acquistata”.

 

6) E’ possibile comprendere quanto da certe iniziative possa derivare l’aumento delle vendite?
Come anticipato cambia da categoria a categoria e nell’ambito della stessa categoria cambia a seconda del tipo di sponsorizzazione.

 

7) Puma sponsorizza diversi atleti nel mondo. In base a quali caratteristiche li scegliete e qual’è il percorso che portate avanti con loro?
In generale possono esservi diverse ragioni per diversi tipi di sponsorizzazione con obiettivi differenti. Se dovessimo stabilire però un principio “cardine” sarebbe sicuramente quello del brand. Nel senso che l’atleta, soprattutto a certi livelli, deve incarnare il brand e il brand deve incarnare l’atleta. Quanto più la personalità e l’immagine dell’atleta saranno vicine a quelle del brand tanto più facile sarà questo lavoro. Diversamente si rischia di alterare il messaggio. Esempio PUMA= Bolt per il running.